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Il NEGROAMARO o Negro Amaro è un vitigno a bacca rossa originario del Salento e che vede proprio nella zona Salentina la zona di maggiore produzione pur avendo anche buone estensioni nel resto della regione. La sua origine incerta anche sicuramente molto antica e si può far risalire con buona certezza la sua provenienza alla stessa della maggior parte dei vitigni del sud Italia ovvero la colonizzazione greca che ebbe luogo a partire dal XVIII secolo avanti Cristo in a partire proprio dalla penisola Salentina. Per estensione, caratteristiche organolettiche e qualità è il vitigno più importante di tutta la regione, e con il Primitivo, l’Aglianico e il Nero d’Avola rappresenta una delle uve migliori di tutto il Meridione. I suoi vitigni sono tra i più estesi d’italia, tanto da essere al sesto posto per terreni coltivati nella penisola, contando su ben 32 mila ettari vitati praticamente tutti ubicati nella penisola Salentina. Quasi certamente il primo nucleo di coltivazioni fu ubicato sulla costa nella parte sud ionica del Salento, dove attualmente è ancora diffuso. Da questa zona le coltivazioni si estesero velocemente in tutto il Salento andando a toccare zone che attualmente sono a cavallo tra il brindisino e il tarantino. Il Negramaro, deve il suo nome attuale probabilmente alle caratteristiche principali che si possono riscontrare nel vitigno e nel vino che si ottiene, ovvero un colore scuro degli acini nel grappolo ed un retrogusto amarognolo di mandorla riscontrabile nel vino che nel linguaggio dialettale moderno si sono fusi insieme a dare il nome del vitigno. L’etimologia del nome anche se non ancora del tutto certa fa risalire il nome del Negroamaro dall’aggettivo nero che in latino è niger e in greco è mavros, poi corrotto in dialetto nel termine niuru e maru ovvero l’attuale negroamaro.
Le caratteristiche botaniche ed organolettiche del vitigno Negroamaro possono essere riassunte in: grappoli di media grandezza di forma conica, con densità serrate, di corte dimensioni e senza ali. Gli acini sono grandi, molto pruinosi e dalle spesse bucce nere con venature violette. Di forma ovale, le bacche sono molto coriacee. La produttività è molto elevata e per ottenere un elevata qualità dei grappoli deve essere limitata con potature drastiche e sistemi d’allevamento adatti, generalmente non intensivi. Per ottenere vini di altissimo pregio si procede quindi a coltivarlo con l’antica tecnica detta ad alberello Pugliese che ne amplifica le grandissime qualità e rende le piante molto resistenti alle aggressioni dei fattori esterni. Il Negroamaro venne usato fino all’Ottocento per il taglio dei vini sia francesi che del nord Italia per fornire colore al merlot e al Cabernet Sauvignon. Questo in quanto nella regione pugliese vi era una scarsa consapevolezza delle potenzialità delle proprie uve, e i coltivatori erano più occupati in sicure forniture che in incerte vinificazioni e commercializzazioni dei propri prodotti, che li avrebbero impegnati in progetti a lungo termine. Il cambio di rotta si ebbe nel settembre del 1957, quando il nord Italia rinunciò all’utilizzo del Negroamaro. Da allora si è innescato un processo che molto lentamente all’inizio e molto velocemente a partire dal 2000 in poi ha portato la penisola Salentina tramite l’utilizzo del negroamaro a primeggiare nel mondo in termini di qualità e quantità del vino prodotto.
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